E’ il coinvolgimento della gente, parimenti allo studio etnobotanico sul territorio che affascina Giorgia e Muriel nella loro attività di inventariato degli alberi da frutta storici presenti sul suolo valmaggese. Il progetto è stato promosso dal Centro natura Vallemaggia e in buona parte finanziato dall’Ufficio della Natura e del Paesaggio del Dipartimento del Territorio del Cantone Ticino.
I frutti del loro lavoro stanno maturando. Mesi di rilievi e di incontri in diversi nuclei e campagne dei comuni valmaggesi hanno permesso di tracciare una prima mappa concernente le diverse specie e soprattutto le varietà riprodotte dalla comunità locale nel tempo, che vedeva questi alberi come un bene primario, una fonte di sostentamento. E’ difficile al giorno d’oggi immaginare che le mele colte da un albero fossero di vitale importanza per i nostri avi, ma era realmente così, e per questo motivo grazie alle conoscenze tramandate di generazione in generazione si cercava di selezionare le varietà che meglio si adattavano al territorio e alle necessità della popolazione, riproducendole grazie alla tecnica dell’innesto. Si innestavano varietà già conosciute, magari da marze di alberi incontrati in altri paesi o varietà nate in loco, da semi fortunati con caratteristiche uniche. Ecco così nascere varietà locali di alberi dai frutti più resistenti, più gustosi.
Il lavoro di Muriel Hendrichs, etnobotanica e pomologa, e Giorgia Tresca, antropologa ambientale, è il risultato di un insieme di sopralluoghi per visionare, fotografare, censire, misurare gli alberi e incontri con persone del luogo, che hanno storie e aneddoti da tramandare riguardo al modo di vivere legato agli alberi da frutta locali. L’obiettivo è integrare questi racconti nell’inventario e rendere lo studio sensibile al tessuto culturale che ha dato vita a questi alberi.
Giorgia in questi mesi ha avuto modo di incontrare diverse persone in diversi villaggi valmaggesi, costruendo una rete di conoscenze che si sta ampliando sempre più. Il suo racconto tratta delle sue visite a Linescio, dell’incontro con persone disponibili alla condivisione e coscienti che il modo di vivere è cambiato, ma che ci offrono un’enorme varietà di spunti per dare continuità al valore umano e ci portano magari a capire, che con una maggiore conoscenza della storia, si potrebbe tornare ad una genuinità d’altri tempi.
Alberi delle volte anche abbandonati, che ci vengono segnalati con una speranza di vederli valorizzati o di preservare l’unicità varietale dei loro frutti
Il nostro inventario preliminare delle antiche varietà di frutto della Valle Maggia ha inizio a Bignasco, dove alcuni audaci abitanti si sono messi a disposizione per indicarci gli alberi storici da frutto che presenziano ancora sul loro territorio. Alberi delle volte anche abbandonati, che ci vengono segnalati con una speranza di vederli valorizzati o di preservare l’unicità varietale dei loro frutti. Non passa molto tempo prima che a Bignasco, riceviamo numerosi riferimenti al grande melo secolare nel paese di Linescio. Nei giorni seguenti, muniti di una mappa già tracciata generosamente da Nicoletta Dutly, mettiamo a fuoco il nostro sguardo per scorgere i grandi e vecchi alberi da frutto sui terrazzamenti del paese. Dopo alcune indicazioni date dalle persone sul posto, ci rendiamo conto che la nostra lente non era a fuoco; Linescio ha un patrimonio unico di alberi storici da frutto, che spesso superano i 100 anni, ma sono spesso di piccole dimensioni, passando quasi inosservati. I terrazzamenti hanno decisamente frenato la loro crescita, ma hanno anche frenato l’accesso dei macchinari agricoli, che in altre zone della Val Maggia hanno contribuito all’abbattimento di numerosissimi esemplari. La conformazione del territorio di questo paese ha determinato anche la forma della vita arborea, non solo quella umana.
Durante il nostro primo sopralluogo incontriamo poche persone sul posto e ancor meno quelle in grado di fornirci informazioni dettagliate relative a questi alberi, alla loro storia, ai sapori dei loro frutti e sul loro ruolo nella vita del paese. Con poca speranza fermiamo una coppia, Marco e Anita Sartori, che scendevano verso la strada del paese. Chi li conosce saprà che è stato un colpo di fortuna. Subito si sono rivelate di una generosità e conoscenza infinita. Condividendo racconti di Linescio e dei suoi abitanti arborei, ci hanno fornito dettagli sulla vasta varietà di frutti, sui loro tempi di raccolta e sulle pratiche di conservazione, necessarie per sostenere la dieta contadina lungo quasi tutto il corso dell’anno. Marco è nato e cresciuto a Linescio e ci ha trasmesso i sapori della vita contadina che ha visto mutare nel tempo e spesso scomparire intorno a sé: il simpatico aneddoto delle mele condivise con un ghiro goloso all'alpe, il gusto della polenta cotta nel latte e nella panna, il tutto con lo sfondo della durezza della vita dei genitori. Quando caricavano l’alpe, il padre scendeva, la madre saliva: “Se c’era un bacio, era per strada” ci dice con un sorriso. Mentre osserviamo il territorio, lo ripittura, svelandoci dove giacevano i campi coltivati, ora coperti di bosco. Passando davanti ad una fontana, ci rivela la sua identità passata di vasca di raccolta di olio di noci. Non sono molti gli abitanti che, come Marco, pur avendo subito la pressione di cercare fortuna altrove, hanno scelto di rimanere e approfondire la conoscenza del loro territorio. Lo ringrazio dicendo che sono felice di averli fermati, “Vale più la tola che l’oro!” mi risponde, spiegandomi che Tola significa latta ma anche coraggio, quello che mi ha spinto a parlarli. Marco mi suggerisce la mia prossima tappa, un mappale di proprietà di Aldo Cauzza, dove mi assicura che troveremo alberi dalla frutta interessante.
Purtroppo qualche mese fa Aldo è deceduto; noi abbiamo avuto ancora l’onore di poterlo conoscere, godere dei suoi racconti, della sua ironia e del suo sguardo sul territorio. Non ha esitato un momento nel voler trasmetterci le sue conoscenze e dar voce sui suoi alberi da frutto attraverso le ricette di sua nonna e di sua moglie: le mele fritte in pastella, le pere conservate nel fieno e quelle preparate e messe nei boccali in inverno. Riguardo un vecchio albero in cima al terreno ci dice: “Non avevamo un nome per quella varietà, ma quando mia nonna voleva preparare una torta, io sapevo dove cercarle”. Aldo ci ha trasportato in una relazione sensoriale con i frutti, nata dall’incontro tra il particolare carattere di ogni varietà, e le pratiche regolari intraprese dalle famiglie per conservarle al meglio e valorizzarne il gusto. Si è soffermato a osservare i suoi alberi anziani e ricoperti di licheni e muschio con uno sguardo un po’ triste, spiegandoci che un tempo nessun frutto andava perso, anche quelli marci venivano apprezzati dalle bestie, mentre ora nessuno si occupa più di questi alberi, non si ha più la cultura di proteggerli, di consumare i frutti, e riprodurne le varietà.
Anche lui ricordava le durezze del passato, quando si arrivava alle mani per difendere alcuni centimetri del proprio prato, ma erano anche tempi in cui il territorio era vissuto e curato. Così erano anche il suo nonno Felice e sua nonna Ester, dal carattere duro e difficile, ma capaci comunque di amarlo e accudirlo.
Durante questo breve intenso incontro, Aldo ci ha dimostrato che se ci prendiamo del tempo, ogni albero custodisce memorie preziose, che possono riaffiorare alla mente di chi lo osserva. In fondo, anche quando non ce ne rendiamo conto, la loro onnipresenza ci accompagna silenziosamente nei cambiamenti sia stagionali sia epocali.
Non bisogna però essere un abitante storico di Linescio, né guardare unicamente al passato per apprezzare i suoi alberi da frutto. Pablo della Guest House by Wild, prepara marmellate a base di frutti locali per i turisti, donando nuovo valore a questi antichi esemplari. Scorgiamo poi negli occhi di un altro abitante acquisito di Linescio amore e gratitudine per un albero abbandonato, le cui mele vengono principalmente consumate dagli asini. Pur sapendo poco in merito alla storia dell’albero e
delle sue mele, ci esprime il desiderio di saperne di più e conservarne la varietà, poiché queste hanno davvero un sapore unico che lui ogni anno aspetta con ansia di gustare. Infine, la nostra visita a Linescio si conclude nel terreno dell’Hostelleria, un ostello in cui incontriamo un ricercatore di etnobotanica, il quale ha scelto di fare una pausa e soffermarsi in questo territorio, offrendoci generosamente la sua disponibilità e il suo sostegno per il progetto di mappatura di alberi storici.
Anche le analisi genetiche condotte su alcuni alberi del paese ci hanno dato enorme soddisfazione nel confermare il valore del patrimonio frutticolo di Linescio: il melo maestoso sotto all’osteria e alcuni meli sui terreni del Cauzza sono di una stessa varietà. La loro mela ha la buccia gialla coperta di striature e fiammate rosse, succosa e con acidità elevata, una scoperta gustosissima dal genotipo unico a livello Nazionale!”