Storie

Toro indomabile

Un campione con la passione per il ghiaccio nelle vene

Testo: MAVM, foto: Claudio Thoma, freshfocus / Simion

Storia del 21 dicembre 2022

Ne ha fatta di strada Dario Simion. Dopo aver imparato i rudimenti del disco su ghiaccio in Lavizzara, la scorsa primavera a 28 anni ancora da compiere, si è laureato per la terza volta campione svizzero. E lo ha fatto da protagonista. La sua tripletta in gara quattro della finale, con lo Zurigo ad una vittoria dal titolo, ha cambiato l’inerzia della serie. In seguito la sua doppietta in gara sette ha suggellato la vittoria dei tori di Zugo.

Un campione legatissimo alla sua terra. “I miei genitori abitano tutt’ora ad Avegno, nella Valle dove sono cresciuto e dove ho sempre tanti amici. Mia nonna è di Prato Sornico. Proprio quest’anno, assieme a mio padre, sto sistemando una stalla di famiglia, un rustico vicino al fiume ideale per rilassarmi e dedicarmi alla mia passione per la pesca. Amo la tranquillità, passeggiare anche da solo: in Lavizzara ho tutto quello che mi serve!”.

“All’età di tre anni, seguendo l’esempio di mio fratello che giocava a hockey, ho iniziato a muovere i primi passi sul ghiaccio. Poi ho seguito i corsi di pattinaggio condotti da Massimo Canepa e presto ho preso in mano il bastone da hockey, per me è sempre stato puro divertimento. Quando nevicava ogni 10 minuti il gioco doveva essere interrotto per ripulire la superficie. A quell’età l’unica cosa che conta è la passione per quello che si fa. Dopo le partite restavamo in pista per ore a giocare durante il pattinaggio pubblico”.

Poi il passaggio ad Ambrì: “In quegli anni diversi giovani valmaggesi sono andati a giocare per l’HCAP. Penso ai fratelli Incir, ad Elia Zoppi e Thiago Ernst. Ero nei mini, noi ragazzi eravamo felicissimi. Era qualcosa di molto speciale, partivamo assieme da Avegno e andavamo a Biasca. Tornavamo a casa poco prima delle 22. Per noi c’era solo la scuola e lo sport. Sicuramente per i nostri genitori, che facevano i turni a portarci, è stato un grande sacrificio”.

Da Ambrì sei passato a Lugano: “Una scelta dettata anche da esigenze logistiche dato che mio padre lavorava nel Sottoceneri. Fino a 15-16 anni non ho mai pensato di diventare professionista. Negli Juniori ho capito di essere tra i giocatori con maggiore potenziale ed è andato tutto molto veloce. Sono entrato nel giro della prima squadra molto giovane, con grande rispetto e altrettanta voglia di dimostrare il mio valore. Sebastien Reuille e Flavien Conne mi hanno aiutato tantissimo in questa fase cruciale. Nel contempo ho proseguito con gli studi alla Commercio di Bellinzona, diluendo l’ultimo biennio su tre anni”.

Terminati gli studi sei andato a Davos: “È stata una tappa importante per la mia crescita sportiva. Lì ho vinto il primo titolo di campione svizzero. Tra le esperienze più intense che ho vissuto con l’HCD c’è stato il campo di allenamento in Lavizzara. Una settimana molto bella e apprezzata da tutti i componenti della squadra. Abbiamo trascorso molto tempo assieme, lavorando sulla condizione fisica immersi nella natura e dormendo nei bunker”.

Per poi trasferirti a Zugo: “Ho avuto la fortuna di giocare sempre in ottime squadre con grandi giocatori. L’ultimo anno è stato difficile a causa di un infortunio che mi ha fermato per un paio di mesi. Ho continuato a lavorare credendo nella possibilità di recuperare in tempo per la fase calda della stagione. Sono stato convocato alle olimpiadi ma purtroppo ho preso il Covid e sono dovuto rimanere in isolamento in albergo. Alla fine mi sono riscattato”.

La carriera sportiva mi permette di viaggiare, si tratta di una grandissima opportunità che non tutti hanno

L’hockey ti ha portato a peregrinare… “La carriera sportiva mi permette di viaggiare, si tratta di una grandissima opportunità che non tutti hanno. Partecipiamo anche alla Champions Hockey League. Forse i primi gironi sono poco seguiti dal pubblico, ma noi vogliamo fare di tutto per andare fino in fondo”.

La NHL rimane il grande sogno? “A diciotto anni ho partecipato a un Development Camp promosso dai Chicago Blackhawks. Purtroppo non ero pronto come avrei dovuto. Poi ho vissuto un paio di stagioni non troppo entusiasmanti e ora non sono più giovanissimo…”. Hai un modello a cui ti ispiri? “Non tengo d’occhio nessuno. Cerco di focalizzare su me stesso e di portare la massima performance sul ghiaccio”.

Sappiamo che sei attivo anche come imprenditore fuori dal ghiaccio… “Nel 2019 assieme a Giacomo Delponte e Lorenzo Croce abbiamo lanciato SEMINTRI, una linea di abbigliamento per il tempo libero dinamica e comoda. I prodotti vengono stampati ed etichettati a Bignasco, io mi sono occupato di farli conoscere soprattutto oltralpe e posso dire che sono stati accolti molto bene, tutti i miei colleghi hanno fatto almeno un acquisto. Giacomo è il cuore di tutta l’operazione, che nei primi due anni ha riscontrato un successo che è andato oltre le aspettative, ora vogliamo fare un ulteriore salto di qualità!”

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