Storie

Vecchie carte ricche di storia

Considerazioni sul riordino degli archivi pubblici valmaggesi

Testo: Bruno Donati

Storia del 20 dicembre 2022

Nel 1972 Monsignor Martino Signorelli ha pubblicato il libro “Storia della Valmaggia”, un volume di 500 pagine, fitto di notizie, di descrizioni e di vicende che hanno caratterizzato la Valle dall’epoca preromana fino all’inizio del XX secolo. Parecchi altri autori si sono cimentati su temi di storia regionale e locale. Ogni ricostruzione del passato è possibile solo se si hanno manoscritti redatti nel tempo e conservatisi fino ai nostri giorni.

L’inchiostro su un supporto cartaceo o su pergamene ha saputo salvare la memoria per secoli e questo anche perché in passato i documenti venivano conservati con estrema cura e con la massima sicurezza. Al Museo di Valmaggia è conservato un rustico forziere in legno con un’armatura in ferro e con tre diverse serrature, conteneva l’archivio cartaceo della comunità di Lavizzara. La sua apertura era possibile solo alla presenza contemporanea di tre persone autorizzate, ognuna con la sua chiave. È così che molti documenti sono giunti fino ai nostri giorni. Già nell’Ottocento, come pure nel secolo successivo, il rigore che caratterizzava la conservazione degli archivi pubblici si è andato allentando e ha favorito la distruzione di alcuni manoscritti, la dispersione di altri, il disordine e il deterioramento delle fonti scritte.

La Vallemaggia possiede numerosi archivi pubblici appartenenti in particolare a comuni, patriziati e parrocchie. Complessivamente gli archivi sono 68, distribuiti in 24 località e posti spesso in edifici diversi. Già nel 1870, in un dettagliato rapporto al Consiglio di Stato, il commissario di governo del distretto, Giuseppe Patocchi, elencava casi di archivi ben ordinati e denunciava però anche situazioni molto precarie, inadempienze e sottrazioni di documenti. Anche Signorelli segnalava nel 1974 di aver trovato casi problematici, benché i manoscritti fossero in generale tenuti all’asciutto e sottochiave. Però ammoniva: «anche dagli uomini sarebbero da difendere queste preziose cose». Della stessa opinione era il frate cappuccino Padre Rocco da Bedano, importante storico ticinese e dotto paleografo, in qualità di ricercatore ha trascorso una vita «nei più impensati giacimenti di vecchie carte, dai solai torridi o gelidi agli innumerevoli scantinati e stambugi ciechi, nei quali infatti erano evidenti segni vari e di varia natura dei passaggi e delle residenze di quegli impareggiabili esploratori e roditori». Il riferimento è ai topi d’archivio, ma quelli veri.

Un archivio non è un corpo morto da imbalsamare, un fossile da lungo
tempo estinto. È un corpo vivo che cresce e si potenzia costantemente, è alla base per capire chi siamo e da dove veniamo, è indispensabile per indirizzare il futuro

Un archivio non va solo conservato in un luogo confacente e messo sottochiave al sicuro, questo è un passo indispensabile che ne prolunga la vita, ma non può essere una finalità. Un archivio non è un corpo morto da imbalsamare, un fossile da lungo tempo estinto. È un corpo vivo che cresce e si potenzia costantemente, è alla base per capire chi siamo e da dove veniamo, è indispensabile per indirizzare il futuro. Per poter esplorare e trarre dati e informazioni da questa miniera cartacea tutto il materiale va riordinato integralmente, inventariato sulla base di criteri sistematici e cronologici, suddiviso in categorie tematiche e raggruppato in sezioni. Il tutto viene poi conservato in armadi appositi dove i singoli documenti sono raggruppati in cartelle, in scatole d’archivio e anche i registri trovano posto sugli scaffali. In questo modo l’archivio diventa una fonte preziosa a cui facilmente attingere per ricerche storiche, per chiarire le fasi evolutive, per sostenere contese o rivendicazioni e per documentare progetti di sviluppo. Un archivio riordinato è fondamentale per chi si occupa del passato come pure per chi amministra la cosa pubblica.

Negli ultimi decenni la sensibilità nei confronti degli archivi storici appartenenti agli enti locali ha fatto qualche passo avanti e progressivamente, anche se lentamente, le operazioni di riordino tendono ad aumentare. La legge cantonale sull’archiviazione e sugli archivi pubblici del 2011 si applica anche agli enti locali, sancisce il dovere di conservare determinati documenti e di garantirne una gestione continua e razionale, assicura inoltre il diritto della libera consultazione e pone i termini di protezione. Già nel 1990 è stato istituito all’interno dell’Archivio di Stato un Servizio archivi locali (SAL) con il compito di ispezionare, di fornire consulenza e per effettuare inventarizzazioni e riordini. È un aiuto tecnico-scientifico prezioso per chi desidera effettuare il riordino; agli enti locali resta il compito, talvolta gravoso, di finanziare il lavoro degli archivisti e l’acquisizione del materiale necessario. Quest’ultimo aspetto risulta assai oneroso per piccoli enti locali con scarse risorse.

Nell’ambito del riordino la Vallemaggia ha denotato finora un notevole dinamismo, infatti 34 archivi di enti locali sono già ristrutturati, siamo quindi a metà strada. Alcune istituzioni agiate hanno fatto il passo, altre hanno approfittato delle aggregazioni comunali che hanno deciso di sostenere finanziariamente i progetti. È il caso del comune di Maggia, dove nelle sette località aggregate è stato possibile riordinare gli archivi comunali, patriziali e parrocchiali. Questa è una traccia da seguire. Purtroppo restano parecchi enti importanti dove sarebbe urgente intervenire, come ad esempio Avegno, Gordevio, Cevio, Cavergno, Prato e Sornico, Campo Vallemaggia, Bosco Gurin. Anche gli ex comuni della Lavizzara attendono la messa a punto di un progetto.

L’emulazione può essere un ottimo incentivo e gli stimoli non mancano. Nel corso di quest’anno in Valle è stato concluso il riordino di quattro archivi: tre parrocchiali (Brontallo, Menzonio, Broglio) e uno patriziale (Broglio). In altri casi il preventivo si trova già sul tavolo degli amministratori e il problema da risolvere resta la copertura finanziaria.

Il caso di Broglio è particolarmente interessante, poiché non solo è stato fatto il riordino dei fondi appartenenti al patriziato e alla parrocchia, ma si è voluto adattare e rinnovare un locale da destinare unicamente ai due archivi che mantengono la loro autonomia, ma vengono gestiti in comune sulla base di un regolamento e con una persona che funge da responsabile per la consultazione.

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