Storie

Passo dopo passo

Diario di un’avventura di 5 giorni lungo la Via Alta Vallemaggia

Testo e foto: MAVM

Storia del 16 agosto 2022

Fine luglio, da un paio di settimane ad Ascona e Locarno imperversa un’ondata di canicola. La partenza del trekking accompagnato, capitanato dal Presidente onorario dell’Associazione Via Alta Vallemaggia Efrem Foresti assistito da Ferruccio Milani, è prevista per le prime ore del mattino. Il ritrovo per i partecipanti è fissato la sera prima alla Capanna Cimetta dove, ai margini di un’ottima cena, vengono fornite le ultime indicazioni sull’itinerario. Il gruppo pare già affiatato, l’escursione di prova sino all’Alpe Nimi ha sicuramente favorito la reciproca conoscenza.

Alle prime luci dell’alba in capanna si avverte una certa frenesia. Tutti sono pronti con un certo anticipo, motivati ad affrontare i 54 km caratterizzati da un dislivello di ca. 6’000 m. La partenza è graduale, dapprima la Cima della Trosa, poi il Madone. La vista sul Lago Maggiore invita a una sosta, necessaria anche per idratarsi al meglio prima di affrontare il primo impegnativo tratto bianco blu che attraverso il Mött di Pècor conduce alla Cima di Nimi. “Lì c’è la prima salle à manger”, ci informa Efrem, “a cavallo tra Vallemaggia e Val Verzasca”. Il sole, giunto al suo culmine, scalda le pareti rocciose e non ci dà tregua: ci troviamo costantemente oltre il limite del bosco. Forse agli occhi di qualche partecipante una sosta rigeneratrice presso la Capanna Alpe Nimi potrebbe apparire una valida alternativa, ma la sete di avventura prevale e poco dopo si riparte per affrontare la cresta del Madom da Sgióf (2'265 m). Superato quest’ultimo impegnativo dislivello, attraverso il Passo Deva raggiungiamo il Rifugio Alpe Masnée. L’accoglienza è sublime, l’insediamento magnifico e splendidamente convertito in base logistica per gli escursionisti che affrontano la Via Alta e non solo.

La Via Alta nasce per unire la Vallemaggia superando secolari confini

La notte è stata ristoratrice, il morale è alto. Il nostro Presidente onorario ci illustra l’itinerario rassicurandoci sul fatto che nel corso della seconda giornata lungo il percorso troveremo alcune fonti di acqua. Il percorso prevede dapprima un passaggio a Scimarmota. La vista sul Poncione d’Alzasca e la presenza di magnifiche costruzioni rurali ci ripagano ampiamente dello sforzo profuso. Rientrati in Vallemaggia il percorso è in discesa sino all’Alpe Cuasca dove, come anticipatoci, possiamo riempire le borracce con acqua fresca . La rampata seguente è impegnativa, porta al primo dei due laghetti alpini situati alle pendici del Pizzo Coca. Giunti nelle ore più calde del giorno ci fermiamo a goderci una piacevole pausa rigenerante con immersione nelle fresche acque. Da lì per raggiungere il Rifugio Alpe Spluga si affronta un nuovo tracciato che unisce i diversi alpeggi. Efrem ci ricorda che “la Via Alta nasce per unire la Vallemaggia superando secolari confini”. Un po’ stanchi, prima di giungere in capanna ci gustiamo un ulteriore bagno nel ruscello.

I volontari preposti alla gestione della capanna del Patriziato di Giumaglio ci accolgono con l’abituale calore. Durante la cena Efrem ci illustra il percorso del giorno successivo “una tappa pensata e cercata per trovare una via di collegamento laddove l’uomo non poteva passare”. La mattina successiva, partiti con l’abituale calma, superato il Pascolo dei Laghi e giunti alla Bocchetta del Sasso Bello, attendiamo una coppia vallesana che sta seguendo le nostre orme. “Da qui vediamo il punto d’inizio e il punto di arrivo della Via Alta Vallemaggia. Prendiamo fiato, il canal di scaigl dobbiamo affrontarlo con il gruppo compatto, prestando molta attenzione a non far partire sassi che possono essere molto pericolosi per chi si trova più a valle, i bastoni per un po’ è meglio riporli nello zaino.” Superata questa parte tecnica caratterizzata dalla presenza di un terreno molto instabile e friabile, proseguiamo lungo una traccia che ci porta sino alla Bocchetta di Serenello: “Questo tratto dà un’immagine del mondo alpestre un po’ aspro della mia Lavizzara”. La via prosegue sassosa sino alla cresta che unisce la Val di Serenello e la Val del Cocco: “È un passaggio obbligato che ha portato alla realizzazione di uno degli spezzoni più spettacolari di tutta la Via Alta, anche la discesa è caratterizzata da vari tratti tecnici equipaggiati con catene e graffe. Poi ci attenderà lo strepp che porta in cima al Passo di Chènt”. Una sudata notevole, ricompensata dalla vista della Capanna Tomeo ormai poco distante. A poche centinaia di metri dalla capanna il gruppo si sfalda un pochino, Efrem ci conduce ad un’eccezionale sorgente di acqua freschissima mentre i nuotatori non resistono alla tentazione di tuffarsi nello splendido lago. Giunti in capanna assistiamo ad un cerimoniale d’accoglienza degno di un albergo a cinque stelle. Maria e Silvano sono delle istituzioni sulle nostre capanne, il cibo è buonissimo e non mancano gli aneddoti legati agli albori del sogno che ha portato alla creazione della Via Alta.

Giunti al quarto giorno l’entusiasmo di Efrem è contagioso. La tappa odierna ci porta nel cuore della Val di Prato, passando per la rimpianta Capanna Soveltra, là dove il sogno di realizzare la Via Alta è nato. “Il pensiero mi riporta indietro alle prime pionieristiche ispezioni fatte con gli amici Gabi, Piera, Wanna, Michele e tanti altri ancora. Oggi affronteremo un bello strepp sulla Corona di Redorta. La ripida salita è caratterizzata da una superficie erbosa con alcuni tratti serviti da catene”. Incontriamo le prime capre “vengono dalla Val Verzasca. Un tempo il Passo di Redorta era il valico degli sposi. I giovani valmaggesi e verzaschesi si trovavano quassù. Questo passo ha unito in matrimonio diverse famiglie”. Il paesaggio è lunare, il primo tratto di discesa è caratterizzato dalla presenza di “invitanti placche”. Poi, dopo le ganne dell’Alpe Larecc, il terreno diventa più insidioso anche a causa dell’erba alta che copre la via e nasconde insidiose buche. “Qui si osserva cosa significa l’abbandono delle attività agricole. I cambiamenti dell’economia, il riscaldamento globale che ha portato a estati più secche ed a eventi meteorologici sempre più estremi, uniti alla reintroduzione del lupo hanno effetti anche sull’escursionismo”. Proseguendo sul nostro percorso, giungiamo alla Cascina Nuova e incontriamo la famiglia Mignami attiva nella gestione dell’alpe Campala. Al corte troviamo acqua di sorgente buonissima, i prodotti freschi di giornata sono invece già stati portati a spalla sino al piccolo punto vendita di Prato. La loro presenza è anche un messaggio di speranza per il futuro. Riprendiamo il cammino sino al riale che scorre poco distante dalla Capanna Soveltra. “La posizione alle pendici del Pizzo Campo Tencia è davvero privilegiata. Vederla chiusa riapre una ferita mai rimarginata che spero possa guarire col tempo. Almeno l’alpe è ancora caricato con mucche nutrici.” Dopo un bagno rifrescante, proseguiamo poco oltre, 100 m più in alto scopriamo il Rifugio Alpe Fontana.

"Il Rifugio Alpe Fontana è un ritorno alle origini", l’emozione traspare negli occhi di Efrem “la Via Alta è nata qui. Ora, a seguito di un restauro conservativo eseguito dal Patriziato di Prato con l’aiuto di numerosi volontari, questo angolo caratteristico della valle ha ripreso vita e finalmente gli escursionisti che percorrono la Via Alta trovano un luogo di sosta semplice, quasi primitivo ma funzionale. Ora le nostre volontarie ci delizieranno con una cena amorevolmente preparata nel rispetto delle tradizioni.” La serata è rallegrata dalle fioche luci del camino, mentre la notte trascorre serenamente protetti da un semplice sottotetto in cui filtrano tiepidi raggi di luna. Il mattino seguente siamo pronti per l’ultima tappa sino a Fusio attraverso il Passo del Fornale. La salita si sviluppa passando per i differenti corti dell’alpe. Come già negli scorsi giorni, ci meravigliamo per la densa presenza di stabili un tempo sfruttati per l’allevamento. Molti portano i segni dell’abbandono, altri sono stati oggetto di restauri conservativi ed ancor oggi servono da rifugio per il bestiame, divenuto una presenza sempre più rara. La discesa è molto ripida ed erbosa, la affrontiamo con la giusta attenzione prima di distenderci e goderci l’avvicinamento al Lago Mognola. Le sue verdi rive ci invitano a una bella sosta con tuffo "è il nostro premio!",  per poi trascorrere le ultime ore di cammino catturati dalla bellezza del paesaggio alpestre che domina la Valle del Sambuco e il villaggio di Fusio. Prima di giungere in paese una sosta all'Alpe Vaccariscio, l'unico incontrato lungo la nostra Via ancora caricato con il metodo tradizionale, è d'obbligo per portarsi a casa i sapori di queste terre alte.

3 MOTIVI PER FARE UN TREKKING

  • È un’esperienza trasformativa
  • Un’avventura da vivere sulle nostre montagne